Sala Ovale: 150. E poi?

22 marzo 2011

Il 16 ed il 17 marzo, in Italia, è accaduto qualcosa che non eravamo abituati a vedere. Bastava passare di piazza in piazza, era sufficiente passeggiare per le strade e per le viuzze, anche sfidando la pioggia ed il vento. Dovunque era possibile vedere una marea di tricolori, di coccarde, di bandierone e bandierine. Drappi con lo stemma sabaudo o con la stella dei partigiani rossi, fanfare dei bersaglieri e nostalgici monarchici. Tutti accomunati dalla festa, dalla Bandiera nazionale. Per un paio di giorni l'Italia si è riscoperta più unita di quanto dia a vedere nella quotidianità, nel suo continuo e noioso discutere di politica stantia e vecchia. Piazze vestite a festa, bambini e intere famiglie, giovani e vecchi, insieme per celebrare i 150 anni dalla proclamazione dell'Unità del Paese.
Ora, però, viene da chiedersi cosa ne sarà di tutto questo, cosa resterà delle notti tricolore e dell'Inno di Mameli suonato e risuonato decine di volte nelle nostre città. In particolare, ci si chiede cosa conserveranno di queste giornate le nuove generazioni, i ragazzi, quelli che probabilmente non sapevano neppure perchè si festeggiasse il 17 marzo. La risposta, purtroppo, è desolante, lo sappiamo già. Spesso si fa festa perchè è festa, senza sapere i motivi di quella festa. E sarà così anche per il centocinquantenario dell'Unità. Torneremo avvolti nelle nostre beghe da condominio, discuteremo su quanti punti di Pil si sono persi per colpa degli uffici chiusi il 17 marzo, riparleremo della gita al bar dei consiglieri regionali lombardi della Lega, che hanno deciso di bere un caffé anziché ascoltare le parole di Mameli, morto ventiduenne mentre faceva cose non troppo distanti da quelle che la Lega Nord vorrebbe fare oggi. Combatteva per un'Idea di Patria, per l'autonomia e l'indipendenza.
Peccato che la festa sia stata un'eccezione, e che non si possa più rivedere l'Italia adornata di bianco rosso e verde almeno una volta l'anno. Ogni Paese ha una data in cui riscopre e rispolvera la propria identità, il proprio collante. Noi no. Di certo non lo è la Festa della Repubblica, figuriamoci il 25 aprile. Sarebbe stato bello che il Parlamento avesse istituito per sempre il 17 marzo come Giorno dell'Italia Unita. Un'occasione per far conoscere a tutti i sacrifici che migliaia di italiani hanno compiuto per renderci oggi quello che siamo. Anzi, loro morirono per renderci un po' migliori. Li abbiamo delusi.

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