La sala ovale : Episodio 1

8 giugno 2008

Dopo mesi di ricerche finalmente RaiBobo ha trovato un collaboratore che si è impegnato a scrivermi gli editoriali, gli articoli di prima pagina che di solito si parcheggiano a sinistra del titolo.

Comicia oggi la vita di "La sala ovale", editoriale della redazione di RaiBobo Tv.
Per parole del suo autore è una rubrica che come prima "produzione" deve essere serioso. Poi ci scioglieremo..
Il titolo è "LA SALA OVALE": ambiguo, drammatico, pornografico direi pure....

Dimenticavo l'autore: è Matteo Matz. che se vorrà, nel corso delle prossime puntate, potremo conoscere meglio.

E’ finita. Dopo mesi di dibattiti, colpi bassi, gaffes e caucuses, i Democrats made in USA hanno incoronato Barack Hussein Obama. Sarà lui, il prossimo 4 novembre, ad affrontare l’American Idole, John McCain. Qua in Italia (ma non solo) sembra che il kenyan-hawaian-indonesian Senatore dell’Illinois sia già alla Casa Bianca, volto nuovo dell’America che ama, contrapposta a quella buia e funesta del doppio mandato bushiano. Sembra quasi che gli States siano improvvisamente diventati buoni, pacifisti. Fiori nei vostri cannoni…tra l’altro Obama ci sta bene in questo ritratto bucolico che ricorda tanto il Giardino dell’Eden. Manca Eva, che non credo potrà essere Madame Clinton. In realtà, la partita è più che aperta. Si sussurra che il veterano del Vietnam, acciaccato e operato più volte per l’asportazione di un tumore cutaneo, sia ora nove punti avanti l’abile quarantaseienne Barack. Non significa niente, è ancora presto per tirare le somme e per prestare la benché minima attenzione a questi sondaggi. Ciò che si può dire, però, è che i Democratici non veleggiano con il vento in poppa. Hanno scelto un candidato che dietro l’apparente grandezza cela ben più di una debolezza. La politica estera, per esempio. Obama ha quasi sempre evitato di parlarne, e quando l’ha fatto ha destato ben più di una perplessità. Due giorni fa, ad esempio, davanti alla platea della più influente lobby ebraica statunitense ha promesso che “Jerusalem will remain the capital of Israel, and it must remain undivided”. Neanche dodici ore dopo, già cambiava il tenore del discorso: “Obviously it’s going to be up to the parties to negotiate a range of these issues. And Jerusalem will be part of those negotiations”. Insomma, un po’ zoppicante come Presidente. Tra l’altro qualche settimana fa va segnalata la sua gaffe forse migliore (o peggiore), allorchè ha garantito di seguire l’esempio di Nixon, andando a trattare con I dittatori. Ecco, se c’è una cosa che non doveva fare, questa era citare Richard Mr Watergate Nixon, il Presidente più inviso agli americani. Obama ha vinto perché ha abilmente venduto un sogno. “Yes, we can”. Nessuno però si è mai chiesto che cosa. We can what? Silenzio. Una grandissima campagna elettorale, fatta di luci fantastiche, musiche adatte e grandi scenografie. Discorsi commoventi ma vuoti. Nessuno sa ancora quale sia il programma del Presidente Barack. Hillary, che ha vinto in tutti gli Stati che contano, ed ha ottenuto più voti di Obama, ha perso anche perché ha parlato alla testa degli elettori e non al cuore. Ha fatto la secchiona, ha detto qualcuno. Può darsi, ma la politica richiede anche questo. Il suo problema è aver capito troppo tardi che gli americani volevano distrarsi, cambiare registro, farsi conquistare. Ne avevano le scatole piene di leggi, codicilli e cavilli. Non penso abbia perso perché è donna. Ha perso perché l’altro è stato più abile di lei a cavalcare l’onda della stanchezza. Si è svegliata dopo il big Tuesday di inizio febbraio, ma allora i giochi erano già fatti. Il destino era già irrimediabilmente segnato.

di Matteo Matz.

1 commenti:

Anonimo ha detto...

bravo mr.Matz..