Sala Ovale: Beata (mica tanto) gioventù

4 ottobre 2010

Non è facile per i giovani d’oggi programmare il proprio futuro. Tra una dispersione scolastica a livelli record ed una crisi finanziaria spaventosa, trovare lavoro è una chimera sempre più irraggiungibile. I motivi sono tanti, e le cause di tale dramma sociale (perché di dramma si tratta) sono radicate nel passato, quando in tempi di vacche grasse è mancata un’attenta sorveglianza sull’invecchiamento della popolazione sempre più rapido e sul venir meno della grande varietà di sbocchi professionali. Oggi la scuola forma poco: quando si esce con un diploma in mano, del mondo del lavoro si conosce quasi nulla. Manca l’esperienza pratica, quella sul campo, quella quotidiana. Non da meno è la preparazione offerta dalle università. La laurea, momento fatidico che dovrebbe rappresentare l’alba di una nuova vita, è vissuta sempre più come uno spartiacque tremendo, con l’angosciante domanda del “cosa farò dopo?” a turbare le notti dei giovani che devono conseguire l’ambito riconoscimento dopo aver sgobbato per anni sui libri. Manca l’offerta, certamente, ma manca anche la fiducia di investire nei giovani, nelle nuove generazioni, nelle nuove spinte propulsive.

C’è, in questi ultimi due decenni, un arroccamento dei vecchi datori di lavoro su posizioni fuori dal tempo, conservative, tese a gestire ciò che già si ha, senza pensare al domani. Per carità, mettendosi nei panni di chi possiede un’attività e deve farla fruttare al massimo, è comprensibile voler affidarsi a mani e menti esperte, che per esperienza e capacità hanno dimostrato di saper conoscere il mestiere. Senza rischio, però, non c’è futuro. Senza giovani, senza la loro immissione nel mondo del lavoro, una società si impoverisce, si chiude al proprio interno. Invecchia senza progredire. Non è, questo, un caso tipicamente italiano: l’Europa, e più in generale l’Occidente globalmente considerato, segna il passo. L’invecchiamento della popolazione, anziché facilitare l’accesso al lavoro dei freschi diplomati e laureati, li frena. Una dispersione, quindi, che continua anche dopo gli studi, divenendo ancor più drammatica. Trovare soluzioni al problema è difficile, in quanto non è un governo che dall’oggi al domani può sbloccare la situazione.

In tempi di vacche magre, si porta il fieno in cascina, e non si scommette al tavolo da poker. Ci vorrebbe, forse, una maggior spregiudicatezza, una fiducia ad occhi chiusi. Ma ad oggi, è pura utopia.

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