E' stato il mondiale.. secondo Matz

15 luglio 2010

Va in archivio anche il Mondiale sudafricano, dopo un mese di gioie e dolori, di vittorie e sconfitte. E’ stato il Mondiale dei record, segnato dalla prima vittoria della Spagna, dalla prima vittoria di un’europea al di fuori dell’Europa. E’ stato il Mondiale di Mandela, che nella sua pressoché totale invisibilità è stato il vero pilastro di questa Coppa del Mondo, da lui fortemente voluta anni fa per ribadire che esiste un’Africa che ce la può fare. Un’Africa orgogliosa che ha messo a tacere allarmisti della prima e dell’ultima ora, e che ha vinto la propria battaglia, facendo una gran figura. Il Mondiale delle township, di Soweto, dei balli e delle danze. E anche, diciamolo, delle insopportabili vuvuzela pronte a fare l’ingresso nei nostri stadi. Dal punto di vista sportivo, meramente tecnico, è stata una Coppa del Mondo normale, più di quanto ci si potesse aspettare. Alla fine, è arrivato in fondo chi se lo meritava davvero, come non sempre accade (vedasi Corea-Giappone 2002). Tre europee ed una sudamericana, con la vittoria della Spagna, da mesi (o forse da anni) data per certa nel lotto delle favorite (insieme a Brasile ed Inghilterra). In finale è giunta l’Olanda, ed anche qui nessuna sorpresa: era stata la migliore europea nelle qualificazioni (otto vittorie su otto). Unica inattesa, la splendida Celeste di Tabarez. Grande storia alle spalle, grande fascino misto a sano romanticismo, inventori e vincitori di due dei primi quattro Mondiali. Hanno meritato di essere giunti tra le prime quattro, cancellando infausti pronostici che davano la compagine di Forlan & co. Cenerentola del Sudamerica. A fare da contraltare alle gioie, come sempre accade nello sport, sono le delusioni. A mio avviso, l’Italia non rientra propriamente in tale categoria, dal momento più o meno tutti ci aspettavamo di fare un rapido ritorno in Patria. La squadra era quella, di fenomeni a casa non ce n’erano (con Cassano siamo usciti nel 2004 ai gironi e nel 2008 ai quarti, tanto per dire). Certo, c’è modo e modo di abbandonare una competizione di questo livello: sbattuti fuori da Nuova Zelanda, Paraguay e Slovacchia non è proprio onorevole, ma ciò che ci è capitato non è in nulla diverso da quanto toccò ai cuginastri francesi nel 2002 quando, da campioni in carica, furono subito eliminati nel girone senza neppure segnare un gol. Piuttosto, ha destato sorpresa il Mondiale impalpabile ed incolore della corazzata inglese guidata da Fabio Capello, che dopo un cammino splendido e da rullo compressore alle qualificazioni, si è inceppata improvvisamente davanti a Stati Uniti ed Algeria, prima di essere travolta dai carrarmati tedeschi. Ecco, la Germania è stata una delle principali rivelazioni, capace di rinnovarsi, ringiovanirsi ed integrare giocatori provenienti da altre realtà e culture nella propria selezione. Tra quattro anni sarà Brasile. Un Mondiale che probabilmente sarà dominato dai padroni di casa, anche se il sogno di replicare quel “più grande silenzio che un campo di calcio abbia mai conosciuto” calato sul Maracanà quella sera del 1950, quando l’Uruguay sconfisse i verdeoro (che allora giocavano in bianco-blu), c’è, ed è grande.

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