Sale Ovale: La SQUOLA!

26 giugno 2010

Quando vai all’Estero, anche per poco tempo, ti rendi conto, parlando con qualche amico straniero, di quanto male siamo messi noi italiani a livello di sistema scolastico. Una desolazione che ti imbarazza, soprattutto davanti all’interlocutore che strabuzza gli occhi quando scopre che i tuoi stage non sono retribuiti e che ognuno deve arrangiarsi a trovare qualcosa di decente. E’ un problema che viene da lontano, che sinceramente trovo difficile da risolvere in tempi brevi. Una scuola devastata da riforme e controriforme, da tagli e rivoluzioni più o meno ideologizzate. Il primo piccone all’istruzione italiana ci fu nel 1968, quando si decise di dare avvio a quell’opera di scrostamento della muffa che divorava i pilastri su cui si reggeva un intero sistema. A tutti sembrò manna dal cielo, un’opera a fin di bene. Solo dopo, molto dopo, ci s’accorse che era stato commesso un danno irreparabile. Aprire le porte dell’Università a tutti, senza filtri, non fece che ingolfare una macchina che già faticava a lavorare al pieno della sua efficienza. Saturazione del mercato del lavoro, sbocchi nulli, studenti eterni. A tutto ciò si somma, anche a livello scolastico più basso, un cambiamento (forse inevitabile) dei costumi: ragazzini che non sanno più cos’è il rispetto per l’autorità, che si permettono di insultare (o peggio) l’insegnante. Youtube parla chiaro. Insegnanti sempre più demotivati, con stipendi da fame e poca propensione all’aggiornamento, salvo casi eccezionali. Tagli su tagli da ogni governo che abbia messo le mani sulla Scuola, privata pure della carta igienica nei bagni e del riscaldamento invernale. Una specie di vecchio monumento da cui prendere tutti i marmi, da spogliare continuamente, da rapinare come fosse un forziere pieno d’oro. E’ chiaro anche ad un bambino che, così facendo, il futuro è nero. Di più, non c’è futuro. La prospettiva sempre più reale è quella di una triste e patetica agonia cui sarà impossibile porre fine. E qui risiede la drammaticità della vicenda. Servirebbe un cambiamento profondo, un cambiamento di mentalità, un diverso modo di vedere le cose. Vedere la scuola (ma anche l’Univerisà) come non un peso, bensì come una fabbrica di opportunità. Opportunità di sviluppare un Paese, di svegliarlo dal torpore che lo affligge da decenni, di costruire il cittadino del terzo millennio. Impresa utopica, troppo alta, troppo irta di difficoltà. Eppure, se non si vuole porre la lapide sulla nostra scuola, è ora di trasformare questa utopia in realtà. Almeno un po’

0 commenti: