La Sala ovale : Episodio 2

1 agosto 2008

Ci siamo. Tra una settimana si alzerà il sipario sulle Olimpiadi di Pechino, ventinovesima edizione dell'età moderna. Negli ultimi mesi tanto si è parlato di questi giochi, più per i risvolti politici e umanitari che per l'agone sportivo, che dovrebbe essere al centro dell'attenzione. Invece su tutto hanno dominato il Tibet e i diritti umani. In più, da qualche settimana ormai, i media non fanno che parlare della cappa di smog che domina incontrastata sulal Capitale cinese, creando un surreale ambiente simile all'Ade: una nebbia perenne che fa aumentare in modo incredibile ed intollerabile la temperatura. Un disastro, soprattutto per gli atleti. Non vorremmo che la Maratona dell'ultima giornata si trasformasse in una specie di suicidio collettivo per i poveri corridori che saranno chiamati a respirare "la più alta concentrazione planetaria di biossido di azoto", come hanno denunciato solo ieri esperti del settore. Questo tema, unito alle persecuzioni nelle remote province del gigante asiatico (non solo Tibet), pone un semplice interrogativo: era proprio necessario assegnare a Pechino i giochi olimpici del 2008? Perchè il CIO scelse Beijing già alla seconda votazione, cosa più unica che rara? Probabilmente il mistero lo potrebbe svelare solo il Matusalemme Juan Antonio Samaranch, mummia vivente già deus ex machina dei cinque cerchi. L'Olimpiade dovrebbe rappresentare un momento di tregua, di civiltà, e tra pochi giorni questo non avverrà. Si parte male, si parte con la censura alla stampa imposta dal Governo locale, anche se il Gran Capo Hu Jintao ha sbloccato molti siti Internet in precedenza vietati. E si parte con la drammatica ammissione di Jacques Rogge, che del Samaranch è il successore: "Non possiamo fare niente, in Cina è così". Chapeau, Monsieur Rogge. Dal capo dello sport mondiale ci saremmo aspettati qualcos'altro, qualcosa di forte, di duro. Non una condanna, ci mancherebbe. Sarebbe stato un suicidio denunciare l'oppressione di Pechino a pochi giorni dalla sontuosa cerimonia d'apertura, eppure il profilo soft scelto da Rogge e parrucconi amici è imbarazzante. Vedere i sepolcri imbiancati alla Mister Pescante salutare gaudenti gli atleti impegnati nelle varie discipline mentre a Lahsa l'esercito chiuderà la bocca ai bonzi seguaci del Dalai Lama, non sarà uno spettacolo da incorniciare.

Ma questa è realpolitik, si sa. Lo sport mondiale non ha più nulla dello spirito sognato da De Coubertin. Forse non lo ha mai avuto. E' solo una congrega di notabili che si gode le poltrone dorate (e milionarie) su cui poggia le terga flaccide. Una schifezza. Ah, dimenticavo: buona Olimpiade!

di Matteo Matz.

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