Sala Ovale... moralità...

7 dicembre 2010

La parola moralità, con il suo contrario (immoralità) è ormai un refrain costante nel dibattito pubblico italiano. Ci si interroga su cosa sia morale e cosa invece immorale, sui limiti (sempre più sottili e labili) di ciò che rappresenti un comportamento integerrimo e ciò che invece crea imbarazzo e vergogna. Si parte dalla politica, dai bunga bunga, dai party e da Lele Mora. Da Emilio Fede che screma come un osservatore della qualità delle mele Melinda le ragazze che poi vanno a vendere la mercanzia ad Arcore, ma poi la questione si allarga fino a coinvolgere un intero Paese ed i suoi costumi. Già, l’Italia ed il suo senso di moralità. Viviamo in un Paese dove troppo spesso la superficialità regna incontrastata, dove non si sa cosa sia la prudenza, dove lo spingersi oltre (con gli atti e con le parole) è la normalità. Il rigore e la serietà sono degli optional, quasi non più rintracciabili nel vivere quotidiano. Eppure, la colpa non è tutta della politica che comunque, a destra come a sinistra (senza alcuna distinzione), non fa molto per cambiare lo stato delle cose e per innalzare a livelli accettabili la reputazione internazionale del nostro Paese.
Certo, i party selvaggi del Premier con tanto di pulmini che varcano i cancelli delle sue residenze non sono un bel biglietto da visita per l’Italia, così come non lo erano le nottate-trans del portavoce di Prodi, Sircana. Per non parlare dell’ex Governatore del Lazio, Marrazzo. Però, se ci fermassimo a questi gossip per fotografare lo stato di moralità dell’Italia, sbaglieremmo e raccoglieremmo una visuale dimezzata. Si è infatti recentemente scoperto che il Re di Svezia organizzava orge a Palazzo Reale quand’era giovane, per non parlare di Carlo d’Inghilterra che mandava messaggini a Camilla in cui scriveva “vorrei essere il tuo tampax”. Ecco, in fatto di decenza nessuno deve darci lezioncine. No, le colpe di questa perenne stagnazione sono antiche, sono innate nel nostro modo di vivere e di rapportarci agli altri. E, soprattutto, sono altre. Il problema dell’Italia è che questo gossip, questo “ciarpame” si fonde con il malaffare, con il torbido, con il poco chiaro. E’ sufficiente guardarsi in poltrona una puntata di Report per sentire la frase “vabbè, che sarà mai” messa in mezzo a qualunque discorso. Tutto è giustificato, tutto va bene, tutto si risolve. Tanto, qualunque cosa si faccia, poi la si passa liscia. Sempre e comunque.
Questo è il male principale dell’Italia: manca la paura della sanzione che potrebbe esserti comminata se sbagli consciamente, manca il rigore, manca in molti casi la volontà di non superare il confine che separa la decenza dall’indecenza. Potrà mai cambiare tutto ciò? Chi vi scrive, ne dubita fortemente. Un popolo non lo si cambia, e neppure il suo modo di fare. Specie se è radicato da secoli e rappresenta un vantaggio per ottenere il meglio per sé. E’ un problema di coscienza civica. E questa non si fa in due giorni. Forse in secoli.

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